
Il Tar del Lazio stabilisce che il check-in può avvenire anche da remoto. Annullata la circolare che obbligava le strutture ricettive a identificare gli ospiti esclusivamente di persona.
La sicurezza non può essere usata come pretesto per imporre obblighi illegittimi. È questo, in sintesi, il principio affermato dal Tar del Lazio nella sentenza n. 1003/2025, con cui è stata annullata la circolare del ministero dell’Interno del 18 novembre scorso. Tale circolare imponeva ai gestori delle strutture extralberghiere l’identificazione "de visu" degli ospiti, anche quando fossero presenti sistemi di check-in digitali o automatizzati. Secondo i giudici amministrativi, questa disposizione è in evidente contrasto con la riforma del 2011 dell’articolo 109 del Tulps, che ha eliminato l’obbligo di identificazione fisica. La norma prevede che i gestori debbano solo verificare il possesso di un documento valido e trasmettere i dati degli ospiti alle Questure tramite il portale «Alloggiati Web».
La Circolare
La circolare, giustificata da generiche esigenze di ordine pubblico e dall'atteso afflusso di pellegrini per il Giubileo del 2025, aveva di fatto reintrodotto l’obbligo di identificazione personale. Tuttavia, secondo i giudici del Tar del Lazio si tratta di un provvedimento illegittimo, privo di una base normativa e contrario ai principi di proporzionalità, legalità e buona amministrazione.
La motivazione
Secondo la motivazione del Tar, l’obbligo di identificazione de visu non solo risulta inefficace ai fini della sicurezza – poiché non impedisce che l’ospite affidi le chiavi a terzi non identificati – ma è anche privo di un fondamento oggettivo. La circolare ministeriale non è supportata da alcuna relazione tecnica, dato statistico sull’incremento dei rischi o analisi comparativa tra le diverse modalità di identificazione. Solo affermazioni generiche e non dimostrate. Per il Tribunale, questa carenza istruttoria configura un evidente eccesso di potere.
Le implicazioni
La Federazione delle Associazioni della Ricettività Extralberghiera (F.A.R.E.), promotrice del ricorso, ha ottenuto un risultato significativo anche sul piano dei principi giuridici. Il Tar del Lazio ha infatti chiarito che il Ministero dell’Interno non può, tramite una semplice circolare, introdurre disposizioni che incidano sulla libertà d’impresa, sull’organizzazione delle strutture ricettive e sui diritti dei singoli cittadini. Per modifiche di tale portata è necessaria una norma primaria, non un atto amministrativo unilaterale. Inoltre, l’obbligo imposto rischiava di assumere rilevanza penale ai sensi dell’art. 17 del TULPS, violando così il principio costituzionale della riserva di legge in materia penale. Anche questo aspetto ha influito sulla decisione del collegio. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Roma sono stati infine condannati al pagamento delle spese processuali.