In merito al documento 557/ST/221.3.1.0 riteniamo che il Ministero dell’Interno abbia adottato un’interpretazione particolarmente restrittiva dell’art. 109 del TULPS. Tale scelta sembra motivata dalle notizie diffuse sui media riguardanti l’uso crescente di key boxes posizionate in spazi pubblici esterni agli edifici, associato alla presunta mancanza di processi di riconoscimento degli ospiti.
Modalità di riconoscimento da remoto: una realtà consolidata
La maggioranza dei proprietari e la quasi totalità degli operatori professionali già integrano il riconoscimento fisico degli ospiti con modalità da remoto, avvalendosi di tecnologie avanzate. Questi sistemi sono simili a quelli utilizzati da altre realtà della sharing economy e persino dalla Pubblica Amministrazione nei propri processi di digitalizzazione.
I processi di identificazione da remoto includono:
- Scansione del documento di riconoscimento dell’ospite.
- Confronto biometrico tramite fotografia.
- Invio di un codice OTP e/o videocall con un operatore per verifiche supplementari.
Queste procedure sono già adottate da:
- PA per l’identificazione tramite SPID.
- Banche per l’apertura di conti correnti e autorizzazioni di pagamento.
- Società di car sharing, operatori di telefonia e sistemi di pagamento (ad esempio, PayPal).
- Gestori di PEC e altre piattaforme digitali.
Risulta dunque evidente che escludere il solo settore degli affitti brevi dall’uso di tali tecnologie sia discriminatorio nei confronti di proprietari e imprenditori. Ciò comporterebbe uno svantaggio competitivo per il settore ricettivo rispetto ad altre realtà già pienamente digitalizzate.
Va sottolineato che molte strutture alberghiere utilizzano le medesime tecnologie applicate agli affitti brevi. Inoltre, diverse aziende italiane hanno sviluppato sistemi di riconoscimento all’avanguardia venduti anche all’estero. Un’interpretazione restrittiva del TULPS rischia di:
- Escludere tali aziende dal mercato nazionale.
- Penalizzare economicamente l’industria tecnologica italiana, che si vedrebbe costretta a operare solo al di fuori del territorio nazionale.
GDPR e sicurezza dei dati
I sistemi di identificazione digitale garantiscono una gestione dei dati più sicura e conforme al GDPR rispetto alle tradizionali fotocopie cartacee, spesso non protette adeguatamente. Paradossalmente, l’interpretazione restrittiva potrebbe promuovere pratiche meno sicure per il trattamento dei dati personali.
Riflessioni sulla logica delle obiezioni
L’argomentazione secondo cui il riconoscimento da remoto potrebbe consentire accessi non autorizzati da parte di terzi appare priva di fondamento logico. Il rischio di accesso non autorizzato esiste anche dopo un riconoscimento fisico. Per analogia, si potrebbe sollevare la stessa obiezione per:
- L’uso improprio di credenziali SPID.
- Accessi bancari condivisi.
- Noleggio di auto tramite account digitali.
Proposta di dialogo e soluzioni
Alla luce delle considerazioni sopra esposte sarebbe utile:
- Condividere le tecnologie attualmente in uso e dimostrarne l’affidabilità.
- Valutare l’adozione di un obbligo di riconoscimento fisico limitato ai soli ospiti che non possono essere identificati tramite sistemi digitali.
L’Italia è costantemente sollecitata a modernizzare il proprio settore turistico, strutturandolo come una vera industria. L’utilizzo delle tecnologie più avanzate, compresa l’intelligenza artificiale, rappresenta una delle principali leve per affrontare le sfide del mercato turistico globale. Bloccare o ostacolare l’adozione di sistemi di riconoscimento da remoto equivarrebbe a:
- Penalizzare un settore cruciale per l’economia italiana.
- Alimentare la percezione di arretratezza tecnologica del Paese.
- Compromettere gli investimenti già effettuati da numerose aziende italiane nel settore del Turismo.
L'adozione di un approccio innovativo e inclusivo permetterebbe invece di consolidare la posizione dell’Italia come leader nella digitalizzazione del turismo e nella tutela della sicurezza, in linea con le migliori pratiche internazionali.