Inchiesta Airbnb

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Nelle recenti dinamiche turistiche italiane, spicca un avvenimento di grande impatto: la Procura di Milano ha emesso un provvedimento di sequestro straordinario del valore di circa 780 milioni di euro nei confronti di Airbnb. Questo sequestro, atto cautelare, precede la possibile confisca obbligatoria di fondi corrispondenti alle imposte non versate da Airbnb negli ultimi cinque anni.

L’accusa di evasione fiscale si concentra sulla mancata ottemperanza da parte di Airbnb dei suoi obblighi fiscali come sostituto d’imposta. In particolare, la società avrebbe dovuto riscuotere e versare al fisco italiano il 21% degli importi pagati dagli utenti che hanno prenotato alloggi attraverso il suo portale, seguendo il regime fiscale noto come “cedolare secca”. Questo regime è stato confermato dalla Corte di Giustizia Europea e dal Consiglio di Stato per le piattaforme digitali nel turismo.  Tali conferme si allineano a normative europee più stringenti nei confronti delle piattaforme digitali.

Secondo l’inchiesta, Airbnb avrebbe eluso il pagamento delle ritenute fiscali per un totale di 779,5 milioni di euro su un fatturato di 3,7 miliardi nel periodo 2017-2021. Airbnb ha contestato la decisione della Procura, affermando di essere sempre stato in conformità con le leggi fiscali dei paesi in cui opera. La società si è impegnata a collaborare con le autorità italiane per trovare una soluzione equa e sostenibile per il settore degli affitti brevi, cruciale per la ripresa economica e turistica del paese.

Il futuro appare incerto, con Airbnb che potrebbe essere costretta a rivalutare il proprio modus operandi in Italia. Tuttavia, va notato che esistono alternative, e la possibile assenza di Airbnb potrebbe aprire la strada a nuove soluzioni. La situazione rimane intricata. Ulteriori sviluppi giuridici sono fortemente probabili, tuttavia il legislatore dovrà necessariamente tenere conto della rilevanza che le locazioni brevi hanno ormai sul settore turistico italiano.